Se dopo aver letto la prima parte di questa guida avete le idee ben chiare su cosa vi aspettate dalla vostra futura e-bike è tempo di capire come questo si riflette nelle caratteristiche della bici. Proviamo quindi a definire quali siano i principali criteri che entrano in gioco nella scelta, come soppesarli e come valutarli nel loro insieme. Li elencheremo secondo un ordine di importanza che ovviamente è opinabile e strettamente soggettivo. Nondimeno ci sembra importante tentare di definire una gerarchia dei fattori, per evitare che la scelta sia troppo influenzata da elementi che magari balzano all’attenzione ma sono oggettivamente secondari.

Ecco pertanto gli argomenti che verranno trattati

  1. Tipo di percorso – Ruolo dei componenti critici
    1. DIAMETRO RUOTE
    2. PNEUMATICI
    3. SOSPENSIONI
    4. FRENI
    5. CAMBIO
  2. Tipologia della bici
  3. Prezzo
  4. Tipo di assistenza – Motori & Co.
  5. Autonomia – Le batterie
  6. Peso
  7. Funzioni ausiliarie
  8. Conclusioni

1. Tipo di percorso – Ruolo dei componenti critici

Questo ci riporta alla considerazione iniziale sull’uso previsto della bici. La più bella e-bike varrà poco se non è adatta al nostro scopo. Il mercato tende a polarizzare l’offerta separando nettamente le bici stradali dalle MTB, ma la realtà è più complessa e spesso avremo bisogno di bici che si comportino accettabilmente in condizioni molto disparate. Non tutti poi hanno la possibilità o la voglia di tenere in garage più bici differenti per affrontare ogni percorso con il mezzo dedicato ad esso. L’uso delle e-bike si rivela spesso così gratificante da spingere naturalmente ad estenderne l’uso oltre i confini ipotizzati in partenza, i possessori di bici stradali saranno tentati da uno sterrato che si inoltra nel bosco e i rudi mountain bikers avranno voglia di andare a far la spesa con le loro bici da Enduro…

Quindi l’operazione più importante e delicata è proprio definire come prevediamo di usare la bici e cosa ci aspettiamo da essa. Fatto ciò, e accettati gli inevitabili compromessi connessi ad un mezzo polivalente, vediamo più in dettaglio come questo si riflette nelle caratteristiche meccaniche della bici. Anche se tutti i componenti concorrono al risultato finale possiamo limitarci a vedere il ruolo che giocano i più importanti di essi

1.1. DIAMETRO RUOTE

Escludendo tipologie particolari e bici per bambini, le dimensioni nominali delle ruote (cioè quelle che includono la loro copertura tipica) sono di 26” e 28” (detta anche 700C) per le stradali, e di 27.5” e 29” (quest’ultima derivante da cerchi 28” con coperture più generose) per le MTB . All’aumentare del diametro della ruota migliora l’angolo di attacco degli ostacoli, facilitando l’avanzamento su terreno accidentato. Per contro una ruota più grande e più pesante avrà delle inerzie maggiori, rendendo potenzialmente meno agile la bicicletta, cosa che potrà però essere apprezzata solo nei passaggi molto tecnici.
Da segnalare la recente tendenza, di ispirazione chiaramente motociclistica, ad alternare ruote 27,5” alla ruota posteriore, abbinate a pneumatici molto ampi (2.80”), con ruote 29” e pneumatici leggermente più stretti all’anteriore.
Le ruote da 26”, di fatto estinte tra le MTB per adulti, continuano ad essere utilizzate nelle city bike di taglia più piccola

1.2. PNEUMATICI

Se il maggiore fattore di scorrevolezza sullo sconnesso è rappresentato dal diametro della ruota, su asfalto è il profilo dello pneumatico ad avere l’influenza maggiore, abbinato ad una elevata pressione di gonfiaggio. 

Nelle e-bike è raro però trovare coperture lisce e ridottissime (23-25mm di larghezza) come nelle classiche BDC, dato che la presenza del motore autorizza l’uso di profili più ampi e scolpiti, a beneficio di comfort e sicurezza


Coperture con protezione antiforo e pronunciata scolpitura (Schwalbe e Michelin) prendono sulle e-bike il posto di copertoncini più corsaioli (Continental)

Proseguendo su questa linea cominciano a diventare frequenti pneumatici stradali con larghezza di 50mm (2”) ed oltre, con conseguente abbassamento della pressione di gonfiaggio.


Da sinistra a destra l’evoluzione delle coperture stradali verso dimensioni che assicurino sempre maggior confort e tenuta anche su fondi irregolari

Se l’uso su terreni sconnessi diventa però possibile o addirittura frequente la dimensione dello pneumatico non basta più e occorre adottare opportuni profili tassellati. La continuità dei tasselli nella fila centrale (rolling track) consentirà ancora una discreta scorrevolezza su asfalto, mentre i più radi tasselli laterali assicureranno grip sui terreni smossi. Quando le esigenze del fuoristrada prevalgono invece occorre rivolgersi a coperture con scolpitura più profonda e discontinua, che inevitabilmente penalizzeranno la marcia su asfalto


Varie tipologie di coperture offroad partendo dall’All Terrain con evidente Rolling Track (sinistra), passando per l’All Mountain (centro) fino ad una copertura decisamente enduristica (destra)

 

1.3. SOSPENSIONI

Quando la dimensione degli pneumatici non basta più ad assorbire le asperità stradali, il che può avvenire anche in molti contesti cittadini, occorre considerare e-bike fornite di forcella ammortizzata, e magari anche un (buon) reggisella ammortizzato. Bisogna però capire che una forcella di qualità accettabile è difficilmente compatibile con una bici “primo prezzo”. Laddove ci fosse comunque occorre valutare se estrema limitatezza di escursione, diametro degli steli e qualità dei materiali non rendano piuttosto preferibile una onesta forcella rigida.
In ogni caso escursione e diametro degli steli andranno ad aumentare con il livello di asperità che la bici è chiamata ad affrontare, e con essi peso e costo della forcella. Il costo è anche fortemente influenzato dalla natura dell’elemento elastico della forcella. Se per bici stradali o polivalenti (es.: trekking) la presenza della molla in acciaio è ancora più che accettabile, su MTB di qualità è bene rivolgersi a sistemi ad aria, superiori per prestazioni e regolabilità.
Nota: la molla torna però al centro della scena su sospensioni top di gamma a lunghissima escursione, dove prevale la necessità di una risposta lineare.

Tornando a escursione e diametro degli steli, non gli unici ma certo i più evidenti parametri che influenzano la prestazione della forcella, va notato come essi finiscano per caratterizzare l’ambito di utilizzo della bici, come si può osservare dalla seguente tabella di riferimento

Campo d’utilizzo

Diametro steli (mm)

Escursione (mm)

Città

25-28

40-65

Trekking

28-30

65-80

MTB – Cross Country

30-34

100-130

MTB – All Mountain

34-36

140-160

MTB – Enduro

35-38

160-180

MTB – Downhill

35-40

180-200


Da sinistra a destra una carrellata di forcelle ammortizzate, a molla le prime 3 e ad aria le altre, che spaziano dall’uso cittadino al Mountain Biking più intenso. Si noti il progressivo crescere di escursione e diametro degli steli

L’avvento delle e-MTB ha portato poi ad una esplosione dei telai bi-ammortizzati (full suspended), con escursioni posteriori analoghe a quelle delle forcelle riportate nella tabella precedente.
Le ragioni sono facilmente comprensibili: a fronte di una minore preoccupazione per il peso aggiuntivo e la minore efficienza della pedalata, sulle e-bike si apprezzano molto di più i vantaggi in termini di comfort, controllo in discesa e grip in salita. Per contro una componentistica di qualità sufficiente a far emergere questi vantaggi aumenta sensibilmente il prezzo di acquisto. A puro titolo di riferimento possiamo indicare una soglia di 3000€ come prezzo di listino al di sotto della quale può essere consigliabile una buona “front” piuttosto che una full troppo all’osso


Riportiamo anche due soluzioni decisamente ibride. Su un telaio MTB 29” (sinistra) con escursioni da fuoristrada sono montati accessori e coperture stradali ma chiaramente in grado di affrontare occasionalmente percorsi sconnessi. A destra invece una pieghevole 20” decisamente sovradimensionata, in cui l’unione di forcella ammortizzata e coperture da fat bike promettono di resistere a qualsiasi buca cittadina

 

1.4. FRENI

A fronte della attuale prevalenza dei freni a disco idraulici, pressoché obbligatori su una moderna MTB, elettrica o meno, è ancora presente sulle bici una discreta varietà di freni meccanici al cerchio. Scarso successo commerciale hanno avuto invece le proposte di freni idraulici al cerchio, mentre freni a disco meccanici hanno senso solo in alcune particolari tipologie di bici.
Diciamo subito che è sbagliato pensare a freni maggiorati per le e-bike sulla base di pesi e velocità maggiori: l’aumento di peso causato dai componenti elettrici è abbastanza ridotto se pensato in relazione all’intera massa frenata (bici + ciclista) ed il motore può certamente aumentare la velocità media ma (se a norma) non la massima, per la quale vanno dimensionati i freni.
Però la pedalata assistita può avere un forte effetto indiretto nel carico sui freni, portando ad aumentare dislivelli e percorrenze, incentivando l’uso di carichi aggiuntivi sulla bici (seggiolini bimbo, borse della spesa, zaini… allora si che aumenta sensibilmente il peso totale!), incoraggiando anche persone di stazza notevole a salire e SCENDERE da montagne un tempo riservate agli scalatori mingherlini.
E allora diciamo che i freni al cerchio possono essere ancora una alternativa valida per costo e semplicità di gestione, ma va bene valutato a quale carico saranno effettivamente sottoposti quotidianamente, ed eventualmente scartati a favore del disco. Ma lo stesso ragionamento vale anche per i freni a disco: se dei modelli economici (ma possibilmente di buona marca, per l’affidabilità e per la reperibilità dei ricambi) possono andare benissimo per carichi totali sotto il quintale su percorsi non troppo scoscesi, se siete un peso massimo con la passione delle discese mozzafiato sarà bene che vi rivolgiate a tutt’altro equipaggiamento. E’ quindi bene verificare che una bici destinata a percorsi impegnativi, tipicamente della classe All Mountain, sia altrettanto bene attrezzata nel comparto freni, con pompe potenti e pinze a 4 pistoncini. 


Sempre di freni a disco idraulici si tratta, ma queste due soluzioni sono agli antipodi in tutto il resto: i freni a sinistra, adatti ad un uso urbano, andrebbero in crisi dopo poche centinaia di metri dell’uso intenso a cui sono destinati i freni a destra

Nota: se l’equipaggiamento di base è buono si possono poi affrontare situazioni ancora più gravose migliorando in seguito struttura e mescola delle pastiglie dei freni

1.5. CAMBIO

Il cambio, o meglio l’insieme degli elementi della trasmissione normalmente coordinati tra loro, è ciò che più marcatamente contrassegna il livello della bici, con fasce di prezzo e di prestazione fin troppo note ai patiti della bicicletta. Ai fini di questa trattazione preferiamo puntare l’attenzione su quello che è il compito del cambio, ossia modificare il rapporto di trasmissione pedale-ruota, e sul parametro che più efficacemente lo rappresenta, cioè il rapporto tra i rapporti di trasmissione (scusate il bisticcio) massimo e minimo che il cambio consente, ovvero la gamma totale delle marce

Se ad esempio si hanno 4 giri di ruota per ogni pedalata alla marcia più alta ed 1 solo giro alla marcia più bassa, allora tale gamma varrà 4, ovvero il 400%. In una bici monocorona questo dipende dal solo pacco pignoni e corrisponde al rapporto tra i denti del pignone più grande e quelli del pignone più piccolo. Se invece è presente un deragliatore anteriore tale rapporto va a sua volta moltiplicato per l’analogo rapporto tra corona maggiore e corona minore. 

Prendiamo ad esempio una MTB che abbia dietro un pacco pignoni 12-36, e davanti una tripla 44-34-22. Avremo allora rispettivamente rapporti 3 e 2, che moltiplicati danno una gamma del 600% (che è un bel po’).
Chiarito ciò passiamo ad esaminare alla luce di questo rapporto ciò che offre il mercato delle e-bike

      • Gamma bassa (200% o meno) – Qui siamo nel regno dei motori alla ruota, che essendo intrinsecamente dei monomarcia non risentono direttamente della marcia impostata. In questo campo possono trovarsi delle e-bike monomarcia, stile fixed, minimaliste e leggere. Molto trendy ma poco utilizzabili.
        Passando ai cambi veri e propri si parte dai due marce automatici (gamma 130%) ai 3 marce a ingranaggi (gamma 180%). Entrambe queste soluzioni, che costringono all’adozione di motori anteriori dato che il mozzo posteriore è occupato dal cambio, possono risultare adatte a bici da passeggio per percorsi poco impegnativi, e sono particolarmente convenienti su bici pieghevoli dove limitare ingombri e parti meccaniche esposte è sicuramente utile.
        Sui cambi a deragliatore, oramai obsolete le soluzioni a 3,4 e 5 marce, si fa ancora largo uso di economicissimi sistemi a 6 e 7 marce, tipicamente a ruota libera avvitata e comando a rotazione sulla manopola. La gamma è quasi sempre del 200%, normalmente affidata ad un pignone 14-28: anche in questo caso l’uso sarà prevalentemente cittadino.
        Nota: il rischio con questi cambi, bassa qualità dei componenti a parte, è che si possa tendere a lasciare sempre il cambio sulla marcia più alta, che consente una pedalata di tutto relax in pianura, sovraccaricando però il piccolo motore ad ogni pendenza e rendendo particolarmente lenta e faticosa la fase di avvio

         

      • Gamma medio-bassa (200-300%) – Ci sono vari modi per lasciarsi alle spalle il 2x del pignone 14-28. Vediamoli in dettaglio:
        • rimanendo su economici sistemi a 7 marce sono oggi disponibili soluzioni alternative che consentono l’adozione di dentature più differenziate come il 12-32 (267%)
        • adottare sistemi più tecnologici come i cambi al mozzo a 7 (244%) o 8 marce (300%). Questi cambi ad ingranaggi, ancora non molto diffusi, sono una soluzione per molti versi ottimale per bici “urban” pulite nella linea e… nella meccanica
        • adottare cambi a cassetta a 8 o 9 velocità, su cui trovano facilmente posto rispettivamente pacchi pignone 11-32 (291%) o 11-36 (327%)

In ogni caso con gamma entro il 300% possono ben soddisfarsi le esigenze delle bici stradali, ma non ancora quelle delle e-MTB.

Nota: la presenza del motore può dare l’illusione di non avere bisogno di rapporti molto corti ma è, appunto, un’illusione. Questo non solo nella malaugurata evenienza che finisca la batteria prima che siano finite le salite, ma soprattutto perché si scoprirà presto che anche con il motore i rapporti corti servono eccome, per maggiore controllo nei tratti più tecnici e per risparmiare gambe e batteria nelle salitone.

Con questo tipo di gamma però, sia pure per un uso prevalentemente stradale, trova già giustificazione l’uso del motore centrale, la cui flessibilità d’uso è strettamente funzione della gamma di marce disponibili

      • Gamma medio-alta (300-400%) – Qui si entra nel regno dalla montagna, a patto che oltre al valore di escursione si faccia attenzione ad avere una prima sufficientemente corta, diciamo almeno 1:1 come rapporto tra pedalata e giri ruota, meglio ancora se si va in leggera demoltiplica (0,8-0,9)
        Nota: si può arrivare al 400% anche con un economicissimo cambio 7 marce, purché affiancato ad una corona tripla. Ai fini pratici però questo è di scarso interesse perché le e-MTB sono oramai regno esclusivo dei motori centrali sui quali la tendenza (a volte obbligata) è al mononocorona, o in qualche raro caso al bicorona
        Ecco allora l’affermarsi di cambi a 10 o 11 marce, che ospitano agevolmente pacchi pignone 11-42 (381%), e che garantiscono buona funzionalità  e affidabilità con costi ancora contenuti.
      • Gamma alta (400% o più) – Se nella categoria precedente la coperta era ancora un po’ corta (un buono sviluppo metrico nella marcia più lunga va a discapito dell’agilità della marcia più corta e viceversa) ora non si hanno più compromessi anche adottando un monocorona, almeno nell’ottica della pedalata assistita. La soluzione più equilibrata resta a nostro giudizio un cambio ad 11 marce equipaggiato con un pacco pignoni 11-46 (418%), ancora basato su di un mozzo a corpetto standard. Ma il mercato propone a prezzi non più proibitivi anche cambi a 12 marce, con corpetti standard o dedicati, e già qualche ditta sperimenta con le 13 marce.

        Nota: il progresso non si ferma, ma prima di lanciarsi sul top di gamma vorremmo far notare alcune cose
        • La larghezza di un pacco a 12 marce è la stessa di uno a 11 (che è invece 2mm più largo di quelli a minore frazionamento), quindi la marcia in più è ricavata unicamente da una ulteriore riduzione del già ridotto passo tra i pignoni. Questo riduce l’angolo di catena nel passaggio tra una marcia e l’altra rendendo la precisione della cambiata più sensibile a leggeri errori di regolazione o minime deformazioni della gabbia del cambio
        • la catena si assottiglia ulteriormente, rendendo significativamente più costoso realizzare un prodotto ugualmente robusto
        • 12 marce sono veramente tante, non tutti avranno piacere di cambiare in continuazione per seguire le variazioni del terreno

Da sinistra a destra una carrellata di cambi (e relativo pacco pignoni) da 9 marce (11-36), 10 marce (11-42), 11 marce (11-46), 12 marce (11-50)

 

2. Tipologia della bici

Se dovete riporre la bici in uno spazio di un metro per un metro non c’è dubbio che vi servirà una piccola pieghevole, se avete 4 gemelli da portare all’asilo certamente avrete bisogno di una bici cargo (e di una pista ciclabile).
Non sempre però è così facile individuare a priori la tipologia ottimale. Tipico esempio, la scelta tra MTB e stradale diventa a volte un dubbio esistenziale che sembra intrappolare l’acquirente. 

Questo ci riporta alla difficoltà di prevedere quale sarà l’utilizzo di un mezzo che ancora non si conosce. Il mercato offre una varietà sempre maggiore di tipologie, il che se da una parte offre la possibilità di trovare il giusto compromesso, se esiste, tra caratteristiche antitetiche, dall’altra invece finisce spesso per alimentare l’incertezza. I “ponti” tra le tipologie classiche assumono varie denominazioni (gravel, hybrid, cross, street, trekking, lowstep, …) a volte ben definite nelle caratteristiche, altre volte pure suggestioni commerciali.

Difficile dare indicazioni valide in assoluto, se non quella di fare riferimento ai componenti critici descritti in precedenza (la bici più polivalente del mondo farà comunque una magra figura sul fango se ha gomme stradali). Si può però fare qualche considerazione di puro buon senso:

    • Una bici da montagna può andare in città, il viceversa non è vero
    • Alcune caratteristiche possono essere conferite aggiungendo gli opportuni componenti (es. parafanghi, cavalletto, luci), altre no (es. sospensioni), altre ancora porterebbero a snaturare il mezzo (es. un portapacchi su una biammortizzata)
    • Si possono conciliare utilizzi simili, ma gli estremi è bene che restino distinti
    • Fare una cosa non significa farla bene: andare a fare la spesa con una e-MTB può essere una buona idea se fatto occasionalmente, ma se diventa l’uso prevalente andrebbe considerata l’opportunità di allargare il parco bici

Se nonostante tutto resta l’incertezza su quale sia la tipologia giusta si può cercare di andare per gradi, facendo un investimento non troppo impegnativo su una bici che possa soddisfare almeno una parte delle necessità prevedibili, per acquisire esperienza di prima mano e poi eventualmente fare una scelta successiva più mirata. Affinché questo non sia troppo svantaggioso economicamente la “bici scuola” potrebbe essere un buon usato, da rivendere poi a propria volta senza grosse perdite di valore. 

Un’alternativa a questa strategia, se si possiede già una buona bici tradizionale, è quella di trasformarla con un kit elettrico come quelli in vendita sul nostro sito. Se consideriamo in particolare il motore centrale TSDZ2, molto flessibile e di non complessa installazione, si avrebbe l’ulteriore vantaggio di poter eventualmente trasferire il tutto su un’altra bici se nel frattempo fossero mutate le necessità.

3. Prezzo

Il prezzo rappresenta tuttora un elemento limitante alla diffusione delle e-bike, specialmente in Italia. Questo ha alimentato la diffusione di prodotti iper-economici “da supermercato”.  La recente entrata in vigore di forti dazi sull’importazione diretta dalla Cina di e-bike complete sta limitando molto questo fenomeno. Questo è un bene perché la maggior parte degli acquirenti di queste bici si è trovato prima o poi ad affrontare problemi di disponibilità del servizio di assistenza e di reperibilità delle parti di ricambio, che non sono tipicamente generiche ed interscambiabili come i componenti tradizionali delle bici. 

Resta comunque una domanda significativa e legittima di e-bike sotto i 1000€, e la produzione italiana ed europea si sta attrezzando per soddisfarla mantenendo al contempo sufficienti livelli di servizio. 

Occorre però imparare a valutare correttamente il valore d’uso di una e-bike e considerare tutti i benefici, anche economici, che deriveranno dal suo utilizzo, Questo può portare, come già avvenuto nel nord Europa, a riconoscere quali caratteristiche deve avere il mezzo adatto ai nostri scopi ed attribuirgli il giusto valore, invece di puntare a risparmi che nel tempo non si rivelerebbero tali. A questo punto si è pronti ad apprezzare un’offerta commerciale sempre più amplia e articolata perché al suo interno è ora possibile individuare il prodotto che fa esattamente per noi.

Con l’ingresso di nuovi marchi di drive systems (l’insieme di motore, batteria, sensori, display ed elettronica di controllo) si è ridotta la forbice di prezzo tra le bici con motore alla ruota e quelle con motore centrale. Giocando sul livello dei componenti critici si sono riempite tutte le fasce di prezzo e questo consente di trovare più facilmente il giusto incrocio tra prestazioni attese e budget

Nota: la varietà dell’offerta consente spesso di trovare mezzi in cui è particolarmente curata la caratteristica che serve al nostro caso, a scapito di altre che ci interessano meno: ad esempio una bici stradale di fascia media potrebbe tipicamente includere una batteria da 400Wh ed una forcella ammortizzata di classe economica. Ma se a noi serve una bici che ci consenta di viaggiare a lungo su strade perfettamente asfaltate, cercando tra i vari marchi si troverà senz’altro, ad un prezzo analogo, una bici con batteria da 500Wh e forcella rigida.

4. Tipo di assistenza – Motori & Co. 

Le e-bike presenti sul mercato sono tuttora marcatamente divise in due tipologie, motore centrale e motore alla ruota (anteriore o posteriore). Salvo rare eccezioni questa ripartizione corrisponde anche alla presenza o meno del sensore di coppia, e conseguentemente ad una erogazione di potenza modulata dalla pressione del ciclista sul pedale oppure fissa per fasce di assistenza. 

Come già ampiamente descritto nell’articolo “Il mitico sensore di coppia” a questa differenza costruttiva corrisponde un’esperienza d’uso marcatamente differente. La propensione per un tipo o per l’altro potrà essere una questione di preferenza soggettiva fino a che ci riferiamo ad un uso stradale non impegnativo, ma la scelta della motorizzazione centrale diventerà pressoché obbligata man mano che si considerano percorsi più tecnici. Si aggiungono in questi casi anche altri fattori come la maggiore efficienza intrinseca e maggiore flessibilità d’uso derivante dall’abbinamento del motore con cambi ad elevata gamma di rapporti (il motore alla ruota è intrinsecamente un monomarcia e come tale adatto solo a pendenze non eccessive, come sarà chiarito nel seguito).

I motori alla ruota (sinistra) trovano ancora valida applicazione su bici da città o tipologie particolari come questa Fat Bike, ma sulle e-MTB i centrali (destra) la fanno da padrone per migliore efficienza, flessibilità e distribuzione dei pesi.

Differenze, anche se meno marcate, esistono anche all’interno di queste due categorie. In particolare la varietà di motori centrali disponibile sul mercato ha determinato la nascita di vere fazioni di sostenitori dell’uno o dell’altro marchio. Questo è comprensibile dato che ogni motore, abbinato al software proprietario che ne gestisce i parametri di funzionamento, presenta una erogazione di potenza ed una risposta all’input del ciclista che è in qualche modo unica e caratteristica, e come tale suscettibile di incontrare o meno le sue preferenze. Spesso però si nota la nascita e propagazione di veri e propri miti, basati spesso sulla erronea interpretazione di parametri tecnici. Anche in questo caso consigliarsi con un esperto e sperimentare personalmente sul campo è la via giusta per poter fare la scelta giusta senza condizionamenti eccessivi. 

La qualità di un sistema di propulsione va giudicata nell’insieme delle sue caratteristiche, e di come queste si abbinano alla ciclistica della bici. Può quindi essere fuorviante valutare un parametro separandolo dal contesto. Con questa avvertenza cerchiamo comunque di capire il significato dei termini con cui più frequentemente si contraddistinguono i motori, con l’ovvia avvertenza che la conoscenza teorica dovrà sempre poi essere affiancata da prove pratiche il più possibile estese e variate.

    • Potenza (Watt) – Quella nominale è limitata per legge a 250W, e a questo valore si attiene la stragrande maggioranza dei sistemi, con poche eccezioni a valori leggermente inferiori su bici minimaliste che puntano a contenere pesi e/o ingombri. In realtà quasi tutti i sistemi che vanno per la maggiore ha potenze di picco maggiori, anche del doppio rispetto alla nominale. Questi picchi si esprimono nei transitori, tipicamente nelle partenze e nelle riprese, dovendo poi riportarsi nel continuo ai 250W legali per poter soddisfare i requisiti di certificazione.
    • Coppia massima (NewtonMetro) – Rappresenta la “forza” rotatoria che un motore è in grado di esprimere al suo asse d’uscita. In un motore elettrico la coppia massima si ha da fermo, ed il suo valore, espresso in Nm, scende più o meno rapidamente all’aumentare dei giri, fino ad annullarsi ad una velocità limite dipendente dalle caratteristiche elettriche ed elettroniche del motore. Da notare che nel caso di motori nel mozzo la coppia viene applicata direttamente alla ruota e sarà strettamente dipendente dalla velocità della bici. Nei motori centrali la coppia massima è tipicamente maggiore in quanto applicata all’asse dei pedali, mentre il valore alla ruota sarà tipicamente minore e variabile in funzione della marcia impostata
    • Rendimento (μ) – Rappresenta il rapporto tra la potenza meccanica erogata dal motore e quella elettrica assorbita dalla batteria. Il rendimento è forzatamente inferiore all’unità, raggiungendo l’80-85% nelle condizioni migliori, e degrada rapidamente a velocità di rotazione maggiori o minori di quella ottimale. La quota di potenza assorbita che non si trasforma in potenza meccanica si esprime sotto forma di calore, che in condizioni limite può mettere a rischio l’integrità del motore
    • Curva di erogazione della potenza – Essendo la potenza data dal prodotto di coppia per velocità di rotazione, il suo grafico in funzione della velocità ha forzatamente un andamento a campana, con valore nullo a velocità zero (anche se la coppia è massima), nullo alla velocità massima del motore (per l’azzeramento della coppia), e massimo in un punto intermedio dipendente dalle caratteristiche del motore. Dato che ci aspettiamo dal motore un contributo di potenza, se possibile significativo, i due punti limite della curva sono di scarso interesse e si cercherà di lavorare il più possibile nel punto di massimo della curva, che in un motore ben progettato è anche vicino al regime in cui è massimo il rendimento. Qui però salta evidente la differenza tra motori centrali e motori alla ruota: nei primi agendo sul cambio potremo tenerci sempre nei dintorni del regime di funzionamento ottimale del motore, che non a caso verrà fatto corrispondere alle frequenze di pedalata ottimali per il ciclista (60-80 pedalate al minuto per andature non agonistiche). I motori alla ruota saranno invece sempre vincolati alla velocità della bicicletta, quale che sia la marcia impostata, e pertanto il loro rendimento e la potenza erogata subiranno un inevitabile degrado negli estremi della curva di erogazione, risultando competitivi con i motori centrali solo alle velocità intermedie, il che spiega il loro prevalente uso su bici da città. 


Andamento tipico di coppia e potenza per un motore centrale da250W.. Da notare che la potenza può superare abbondantemente il valore di 250W, ma a tale valore viene poi limitata dalla centralina nel funzionamento continuo.

Il grafico può essere applicato anche ad un motore alla ruota, sostituendo la velocità della bici alla cadenza (ad esempio da 0 a 33Km/h, valore tipico per tali motori) dato che la rotazione del motore è vincolata a quella della ruota indipendentemente dalla marcia selezionata

 

Fatta questa fondamentale precisazione occorre comunque tener conto che ogni motore ha la sua particolare curva di erogazione, che ne definisce sia il campo di utilizzo sia il “carattere”, il che abbinato alla particolare logica di controllo insita nel firmware della centralina definisce il comportamento del sistema e quanto efficacemente e fluidamente esso svolga la funzione di assistere il ciclista

    • Livelli di assistenza – Il livello massimo della curva di erogazione non corrisponde necessariamente alla potenza massima del motore. Non è sempre necessario o desiderabile poter disporre dei 250W o più erogabili dal motore. Ogni sistema mette a disposizione a questo scopo un numero di livelli di assistenza selezionabili che va da 2 a 9, più tipicamente da 3 a 6. Ogni costruttore ha dato a questi livelli dei nomi che dovrebbero suggerire la logica ed il contesto d’uso del livello, oppure sono semplicemente numerati progressivamente.
      Da notare che mentre su bici economiche con sensore PAS il numero di livelli tipicamente sale di pari passo al livello della bici, nei motori centrali ci sono sistemi molto performanti che si accontentano di offrire una scelta a 3 soli livelli (es.: Shimano, Brose). Ma altrettanto performante è il sistema Yamaha PW-X2 che offre ben 5+1 livelli (del +1 parleremo tra breve). Questa differenza trae origine da approcci differenti, all’interno dei quali ognuno potrà sviluppare le sue preferenze. Innanzitutto va considerato su sistemi a potenza modulata dalla pedalata ogni livello rappresenta in realtà una vasta gamma di potenze, funzione dello sforzo istantaneo del ciclista. Ogni livello sarà contraddistinto da un valore massimo di potenza ottenibile e da una risposta più o meno accentuata alla pressione sul pedale. Per capirci potremmo avere dei livelli bassi che forniscono una potenza limitata quale che sia la pressione sul pedale, livelli medi che forniscono potenza massima ma solo quando lo sforzo raggiunge livelli elevati, e livelli alti che forniscono il massimo anche a pressioni moderate, con tutte le possibili sfumature intermedie. Oltre a questo i costruttori che optano per pochi livelli forniscono in genere delle applicazioni che consentono all’utente di regolare a proprio piacimento le caratteristiche dei livelli, sempre però mantenendone la progressività, consentendo in questo modo di “cucirsi addosso” la caratteristica della bici. Yamaha ed altri preferiscono invece fornire sistemi chiusi che offrono però una vasta gamma di livelli ben calibrati all’interno dei quali è facile trovare quello adatto nelle varie situazioni. In aggiunta ai livelli “statici” nella gamma 2020 Yamaha ha introdotto la modalità Auto (il +1 a cui accennavamo prima), nella quale una logica che tiene conto di diversi input, tra cui quello derivante da inclinometri integrati nel sistema, varia con continuità il livello di assistenza selezionato cercando di prevedere momento per momento le necessità del ciclista. Qualcosa di simile è stato implementato in precedenza da Bosch con il livello E-MTB. Difficile dare una valutazione oggettiva di queste ulteriori possibilità, il giudizio non può che essere soggettivo e al solito derivato dall’esperienza sul campo.

5. Autonomia – Le batterie

Questo è forse l’aspetto più controverso, quello su cui si concentrano maggiormente dubbi e aspettative. Rimandando ad altra sede una trattazione più completa della materia ci limiteremo ad alcune considerazioni generali. 

Ci troviamo in una fase in cui l’aspettativa per nuove tecnologie che rivoluzionino i parametri tecnico/economici degli accumulatori di energia è elevatissima, alimentata da quotidiane notizie sul prossimo avvento di chimiche rivoluzionarie. Per contro la reale offerta del mercato si scosta solo marginalmente da quello che si poteva acquistare 1-2 anni fa, e presumibilmente i cambiamenti resteranno incrementali per qualche anno ancora. Questo perché la attuale chimica Litio-ioni, pur avendo chiaramente dei limiti (costo, sicurezza, capacità specifica, vita utile, …) è comunque FUNZIONANTE, COLLAUDATA, CONOSCIUTA. Inoltre, data la sua enorme diffusione e gli altrettanto ingenti investimenti che si sono indirizzati su di essa, è certo che  occuperà il centro della scena commerciale per molto tempo ancora rispetto alle alternative che pure si affacceranno a contenderle il primato.

Un altro problema deriva da una errata percezione del significato dei WattOra che ne rappresentano la capacità, o meglio l’energia immagazzinabile, e l’errore è spesso alimentato da informazioni poco accurate disponibili su web. Si tratta di energia disponibile, WattOra appunto, non Watt che è una indicazione di potenza e pertiene al motore. Nessuno si sognerebbe di associare alla capacità del serbatoio di un’automobile il valore della potenza che essa è in grado di sviluppare. Invece molti ritengono che una bici con batteria da 600Wh “spinga” di più di una con batteria da 500 o 400Wh. Il che alimenta la corsa verso capacità maggiori almeno quanto l’ansia da percorrenza (residua), l’ormai celebre range anxiety. La semplice verità è che 600Wh spingono esattamente come 400Wh, semmai spingono più a lungo. Il che non è poco, ma per chi ha in programma una percorrenza giornaliera di 10Km ha poco senso aumentare costo e peso della batteria. 

Occorre quindi quantificare la percorrenza che si può ottenere da una batteria e confrontarla con quella di cui si ha bisogno. Ma questa quantificazione è estremamente difficile in quanto fortemente dipendente da molti fattori, primo tra tutti il fatto che l’e-bike si muove per effetto di una collaborazione tra ciclista e motore che si attua in proporzioni estremamente variabili.
E’ quindi con estremo sprezzo del pericolo 😄 che ci accingiamo a fornire la seguente regoletta del tutto empirica:

PRENDERE I WATTORA DELLA BATTERIA, DIVIDERE PER DIECI E AVREMO IL VALORE PESSIMISTICO DEL CHILOMETRAGGIO OTTENIBILE. MOLTIPLICARE QUESTO PER DUE E AVREMO IL VALORE OTTIMISTICO

L’uso intenso, su percorsi montani, con bici massicce, ci porterà verso il limite pessimistico, mentre un uso stradale più rilassato, su bici scorrevoli, ci porterà verso il limite ottimistico. Non sono limiti assoluti, solo dei riferimenti orientativi, ovviamente impegnandosi SI PUÒ’ fare peggio del pessimistico e meglio dell’ottimistico, ma normalmente ci si muove all’interno di questa forbice.

Dei motivi per non orientarsi verso una batteria più grande del necessario si è detto. Ma ci sono motivi altrettanto validi per fare il contrario, se il budget lo consente. Innanzitutto avere degli ampi margini, oltre che dare tranquillità, consente di estendere l’uso della bici oltre i limiti che ci si era posti in partenza, cosa molto frequente quando si comincia a familiarizzare con le e-bike e capire tutto il loro potenziale. Poi una capacità maggiore estende la vita utile della batteria dato che a parità di percorrenza giornaliera dovremo sottoporre la batteria a meno cicli di ricarica, con conseguente più lento degrado. Se poi la batteria è veramente sovrabbondante, anche quando sarà scesa al 60-70% della capacità di carica originaria, limite a cui si pone convenzionalmente il fine-vita della batteria, potrà comunque continuare a soddisfare per molto tempo ancora le nostre necessità. Quindi una batteria di capacità elevata rispetto alle nostre necessità immediate, specialmente se usata intensamente, finisce per ripagare nel tempo il più alto prezzo d’acquisto.

6. Peso

Nessuno di coloro che entrano nel nostro punto vendita resiste alla tentazione, adocchiata una bici interessante, di afferrarla (male) e sollevarla per valutarne il peso. A quel punto, se è la prima e-bike con cui hanno a che fare, emetteranno tipicamente un rantolo come se avessero sollevato una cassapanca e la poseranno commentando “eh, certo che pesa…”. Ma quanto deve pesare una e-bike? 22Kg, giusto per dire un valore tipico, sono troppi o no?
Diciamo subito che non è corretto valutare una e-bike con l’ottica di una bici muscolare, non più di quanto non lo sarebbe confrontarla con una moto. Occorre sfuggire alla trappola mentale di considerare la leggerezza come indicatore primario della qualità complessiva, come si farebbe su una muscolare sportiva dove ogni grammo limato via è un traguardo da raggiungere a qualunque costo. Anche su di una e-bike naturalmente componenti di più alto livello avranno un migliore rapporto tra peso e prestazione, ma il tutto sarà più orientato alla migliore funzionalità e meno alla massima riduzione di peso. In effetti sulle bici a pedalata assistita trovano la loro fisiologica collocazione soluzioni molto funzionali, quali ad esempio le sospensioni full e i reggisella telescopici, guardate con più sospetto sulle bici muscolari a causa dell’aggravio di peso che comportano. Parimenti sulle e-bike stradali sarà normale trovare una abbondanza di accessori inusuali e un sovradimensionamento di quelli convenzionali, come cavalletti, portapacchi, pneumatici e molto altro: di nuovo funzionalità, comfort e affidabilità hanno la prevalenza sul contenimento di peso.

Ma cosa comporta avere una bici che tipicamente pesa dal 35 all’80% in più dell’equivalente muscolare? Forse quello che tutti avvertono come problema principale, ovvero la maggiore fatica necessaria a muovere un mezzo più pesante, è quello che nell’uso pratico si sente di meno: la potenza del motore, anche a bassi livelli di assistenza, compensa abbondantemente l’aggravio di peso, che in effetti non è poi gran cosa rispetto alla massa complessiva da smuovere, ciclista incluso. In molti casi poi il peso della bici ha un effetto benefico sulla stabilità del mezzo

Una influenza negativa si avrà invece sull’agilità della bici, ma questo sarà apprezzabile solo dai ciclisti più abili e nei passaggi molto tecnici. Tanto basta comunque per veder fiorire anche nelle e-bike, nelle e-MTB in particolare, un filone “leggero” caratterizzato da pesi grossomodo a metà strada tra quelli delle bici muscolari e quelli delle elettriche più tipiche. Questo però ha un costo non indifferente, e non solo monetario: cali sensibili del peso richiedono telai in carbonio, altrimenti poco usati nell’elettrico, batterie di capacità ridotta (250-300Wh) in controtendenza con l’andamento generale, dotazione minimalista e a volte motori (p.es.: Fazua) meno potenti della concorrenza. Sono diversi i marchi che stanno esplorando questo approccio, ma non è affatto detto che il mercato premi i loro sforzi.

Se il peso elevato ha un impatto tutto sommato ridotto durante la marcia non è detto che non possa rappresentare un problema in altri momenti. Se la funzione di camminata assistita potrà alleviare lo sforzo del ciclista quando c’è da spingere la bici per una salita non pedalabile, che dire di quando occorre caricare la bici in macchina, metterla in un ascensore, salire una rampa di scale e entrare in una metropolitana? Ognuno dovrà valutare bene quali esigenze di trasportabilità si incontreranno nella vita della bici, per non andare incontro a brutte sorprese. Se addirittura si prevede un uso quotidiano della bici in intermodalità, alternando pedalate e tratti in treno, auto o metropolitana, allora il discorso cambia completamente e si dovrà partire proprio da peso e ingombri per trovare il mezzo adatto alle proprie esigenze. Ma delle pieghevoli parleremo un altro giorno…

7. Funzioni ausiliarie

Abbiamo già capito che la presenza del motore consente di arricchire la struttura della bici con componenti ausiliari che possono sensibilmente ampliare la funzionalità del mezzo, la sua sicurezza o il comfort d’uso. Questo vale anche per componenti tradizionali come cesti, rimorchi, protezioni o simili, ma in questo articolo ci limiteremo alle funzionalità più strettamente legate all’elettronica del sistema. Oltre alle funzioni standard i costruttori propongono delle integrazioni con altri componenti tese ad ampliare l’esperienza d’uso di una bici elettrica. Le idee e le proposte sono molte, ma non sembrano emergere degli standard e la sensazione è che non sia chiaro quali funzioni siano realmente richieste e quale sia l’approccio giusto per implementarle. Diamo uno sguardo a queste funzioni

    • Geolocalizzazione – Grazie ad una antenna GPS la bici conosce la sua posizione e può eseguire il tracciamento dei percorsi o addirittura funzioni di navigazione su rete stradale o sentieristica. Integrando l’informazione sull’autonomia residua della batteria con l’altimetria della zona in cui ci si trova alcuni sistemi possono fornire il perimetro dell’area raggiungibile prima di restare a secco
    • Protezione incidenti – Integrando il GPS con accelerometri interni ed un collegamento GSM si può realizzare una funzione di allarme che avverte numeri telefonici predefiniti di una eventuale caduta della bici
    • Protezione antifurto – Con la stessa dotazione di sensori si possono implementare funzioni antifurto che avvertono il proprietario in caso di manomissione della bicicletta e aiutano a localizzarla nel caso sia stata sottratta
    • Monitoraggio biometrico – L’ulteriore integrazione di cardiofrequenzimetri consente di abbinare il monitoraggio dell’energia spesa e della potenza istantanea sviluppata (derivabili dai sensori interni del motore) con l’effetto sul fisico del ciclista, allo scopo di definire e controllare piani di allenamento, o il semplice monitoraggio del suo stato di forma.
    • Illuminazione – Anche se non mancano soluzioni convenzionali indipendenti dal sistema di propulsione della e-bike stanno sempre più prendendo piede impianti LED integrati che, contando sulla riserva di energia della batteria, possono erogare in continuità potenti flussi luminosi, comandati dalla pulsantiera del display, e addirittura segnalatori di direzione e di frenata che avvicinano la bici alla funzionalità di una moto. Non sottovalutate questo aspetto, vedere bene e farsi vedere è importante, persino su una MTB
    • Diagnostica e aggiornabilità del firmware – Anche se ogni costruttore procede con modalità e sistemi propri si sta diffondendo la possibilità di eseguire presso i centri specializzati, o addirittura in autonomia, l’esecuzione di routine di diagnostica e di aggiornamento del firmware del sistema. Quest’ultima funzione, per i sistemi che la prevedono, implica la possibilità, almeno nei limiti dell’hardware, di mantenere la propria bici allineata per lungo tempo con le funzionalità più recenti. Normalmente il collegamento con i software di diagnostica avviene tramite collegamento Bluetooth oppure via cavo tramite porte USB. Queste ultime sono spesso utilizzabili anche per la ricarica smartphone o altri dispositivi

Alcune delle funzioni precedentemente descritte sono ottenibili con l’hardware di base delle e-bike (un interessante esempio è fornito dai motori sviluppati dall’italiana Oli EDS, che integrano in tutti i modelli funzioni di monitoraggio della potenza istantanea erogata sia dal ciclista che dal motore, nonché di diagnostica avanzata dello stato della batteria).

Altre invece richiedono integrazioni di nuovo hardware, che però può presentarsi nella forma di sistemi aggiuntivi che hanno pochi contatti con l’hardware della e-bike (è il caso del sistema e-Connect proposto da Haibike), oppure sotto la forma di display alternativi dotati di sensori e porte ulteriori, come nel caso del Kiox Bosch. In altri casi tutte le funzioni extra sono demandate ad App su smartphone, collegato via Bluetooth. Queste App possono arrivare a sostituire o integrare le funzioni base del display. Nel caso dello SmartphoneHub, sempre di Bosch, un display minimale che può funzionare in autonomia per le funzioni base svolge anche la funzione di basetta per lo smartphone, in presenza del quale si attivano le funzioni avanzate. Resta da decidere se la maggiore complessità e relativo costo dei sistemi necessari per dotare l’e-bike di queste funzioni siano giustificati rispetto alla possibilità di ricavare buona parte di esse anche da un normale smartphone che funzioni indipendentemente dalla bici

8. Conclusioni

Qualche anno fa le e-bike erano un prodotto abbastanza definito, e perlopiù poco attraente. Oggi sono una categoria più vasta e articolata delle stesse biciclette convenzionali, e stanno prendendo il loro posto nel gradimento generale e nelle statistiche di mercato. Entrare in questo nuovo mondo è semplice e complesso al tempo stesso, l’informazione disponibile è tantissima ma dispersiva e a volte contraddittoria. Prendetevi il giusto tempo per capire l’offerta commerciale e le vostre stesse esigenze, viste però nella prospettiva di una tecnologia che rende possibili ed esaltanti cose prima neanche immaginabili. 

Una migliore conoscenza dei componenti della bicicletta, e del ruolo che essi giocano nel renderla o meno funzionale ai vostri scopi, sarà sicuramente utile e limiterà il rischio di scelte errate.. Ma come già detto una e-bike va valutata nel suo insieme in relazione alla destinazione d’uso, e grazie al cielo l’avvento della pedalata assistita ha in parte mitigato l’eccesso di enfasi sui dettagli della componentistica che avvolge le muscolari specialistiche.

Fate tutte le prove che potete, consigliatevi con chi vi ha preceduto nel cammino e con professionisti seri che sappiano ascoltare le vostre necessità e chiarire gli inevitabili dubbi. 

Poi alla fine ascoltate il vostro istinto, perché in fondo sempre di biciclette si tratta. Solo un po’ magiche…